Ai lati della porta che introduce alla sala della biblioteca si trovano due gruppi scultorei:
La Natività e La Deposizione dalla croce, opere conosciute ed apprezzate in tutto il mondo.
Si tratta di due opere in marmo di medie dimensioni, eseguite da Agostino Cornacchini a Roma per adornare l’appartamento nobile di Carlo Agostino Fabroni e che furono trasportate a Pistoia insieme alla raccolta libraria del prelato nel 1727.
I due lavori, che rappresentano la nascita e la morte di Cristo, sono tra le opere più suggestive del Cornacchini e in esse vi sono numerosissimi richiami alle statue fiorentine in bronzo- tecnica alla quale lo scultore era stato educato- nei dettagli naturalistici in piccole dimensioni.
Il Cornacchini, infatti, a undici anni dalla città natale si trasferì a Firenze ed entrò nella bottega- studio in Borgo Pinti di Giovanni Battista Foggini, il personaggio di gran lunga più influente nella scultura fiorentina barocca e architetto primario del granduca Cosimo III.
A Firenze il Cornacchini ebbe modo di conoscere Francesco Maria Niccolò Gaburri, vicedirettore dell’Accademia del disegno, membro dell’Accademia della Crusca che diverrà decisivo per la sua carriera.
Il Gaburri, che nel 1738 scrisse la biografia dello scultore pesciatino, gli commissionò le decorazioni in stucco per la sua casa di Firenze e nel 1712 lo condusse con sé a Roma, dove lo mise sotto la protezione del nostro cardinale Fabroni.
Secondo i documenti il Cornacchini rimase in casa del Fabroni fino al 1720.
E’ durante questo periodo che egli scolpì i due gruppi in marmo. La Natività, ambientata architettonicamente e con il capannello di diverse figure, trae ispirazione dal presepio romano e in particolare dal trattamento scenografico dello stesso soggetto marmoreo eseguito da Monnot per la chiesa romana di S. Maria della Vittoria, ma aggiunge alla scultura romana i richiami naturalistici e soprattutto un senso intimistico proprio della scultura fiorentina della scuola del Foggini.
E’ da ricordare che il gruppo della Fabroniana fu preparato da un bozzetto in terracotta conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, ridotto al gruppo sacro e che in questa redazione finale in marmo il Cornacchini aggiunse l’ambientazione delle rovine, di un angelo volante recante un cartiglio sospeso su una nube e di un suggestivo pastore scalzo in primo piano.
Il legame profondo con la scultura fiorentina dei primi decenni del Settecento è visibile nel tono familiare della scena, nella dolcezza e nelle espressioni dei volti; la Madonna ha un sorriso mite e appena accennato e può essere confrontata con simili tipologie femminili presenti nelle decorazioni dei palazzi nobiliari fiorentini del tempo.
Ancor più che nella Natività il riferimento con la cultura toscana del tempo è evidente nell’altro gruppo, quello della Deposizione, dove l’interesse per i particolari superficiali, come la corteccia della croce, avvicinano l’opera del Cornacchini ad alcuni bronzi di Giovan Battista Foggini e Massimiliano Soldani Benzi.
Il tono dolce, accostante della Natività trova il suo opposto nella scena della Deposizione, dove
la complessa composizione con molte figure impegnate nella scena narrativa, e l’uso di forme più aspre, rendono il tono drammatico.
Se il teschio in primo piano posto su un arido terreno roccioso è simbolo della caducità delle cose terrene e memento mori è l’angelo sulla sinistra che avvolto in affannosi drappeggi, non riesce ad alzarsi in volo, che assume una particolare espressione di phatos, anche maggiore di quella data dal corpo inerte del Cristo al centro della scena e del volto sofferente della Maddalena sulla destra.
Le due opere scultoree della Fabroniana, sono gruppi tridimensionali fortemente innovativi che benché eseguiti per esser posti appoggiate ad una parete sembrano rivelare il loro senso estetico più forte se visti da altre prospettive.